A
L’AGNESE VA A MORIRE – RENATA VIGANÒ
Una storia di Resistenza di “casa nostra”, una storia semplice e asciutta che potrebbe esserci raccontata dalla nostra nonna. Una storia di resistenza che ha inizio quando la guerra tocca la protagonista, personaggio semplice ma profondo che si allea con i partigiani all’indomani della morte del marito, ucciso dai tedeschi. La Storia (quella con la S maiuscola) non è qualcosa che ci scorre affianco, ma è qualcosa che ci tocca e ci travolge e che ci chiama a scegliere e ad agire. Agnese è toccata nel suo mondo, nella sua vita di cose piccole e quotidiane e decide di rispondere, sapendo già da subito come andrà a finire (e come tristemente evoca il titolo stesso). Agnese non è un’eroina e non lo vuole diventare, non segue ideologie astratte e lontane, ma lotta per la sua vita concreta e quotidiana. E lotta in una terra difficile, senza montagne dove nascondersi, ma strisciando nell’erba alta della pianura e della nostra terra nuda senza difese. È una storia che ho sentito più “mia” di altre ambientate nel periodo della Resistenza, perché è della “nostra” terra e delle nostre famiglie. – Beatrice C.
ANIME SALVE – FABRIZIO DE ANDRÉ
Mentre rileggo i titoli che ho scelto oggi, mi accorgo che sono titoli dominati da tre elementi: 1) ognuno contiene in sè qualcosa che mi tocca da sempre profondamente e che mi commuove fino alle lacrime; 2) forse l’ elemento di commozione maggiore è dato dalla storia che sono i piccoli, gli indifesi, i pazzi, gli umili che salvano il mondo, che è qualcosa in cui io credo profondamente e che ha segnato anche il destino della mia professione; 3) amo le parole, la poesia, il pensiero che si fa scarno e autentico e che solo così è capace di scavare dentro di noi in profondità permettendo di fare emergere e brillare la bellezza che possediamo, che possiede ciascuna persona sulla terra accanto alle sue tenebre. Paola Z.
ANTIGONE – SOFOCLE
La tragedia di chi è contro per definizione, fin dal nome, a ruoli costituiti e leggi ingiuste. Diego B.
APOLOGO DELL’ONESTÀ NEL PAESE DEI CORROTTI – ITALO CALVINO ( «La Repubblica», 15 marzo 1980)
Dodici anni prima di Tangentopoli Calvino ci descrive un paese in cui la politica è fortemente intrecciata con gli affari e la corruzione, e dove non è più facile discernere tra il lecito e l’illecito.
«C’era un paese che si reggeva sull’illecito […]
Avrebbero potuto dunque essere felici, gli abitanti di quel paese, non fosse stato per una pur sempre numerosa categoria di cittadini cui non si sapeva che ruolo attribuire: gli onesti […]
Dovevano dunque rassegnarsi all’estinzione? […]» – Rosalba G.
L’ATTIMO FUGGENTE (Dead poets society, 1989) (Film)
“E ora miei adorati, imparate di nuovo a pensare con la vostra testa. Imparate ad assaporare parole
e linguaggio. Qualunque cosa si dica in giro, parole e idee possono cambiare il mondo.” Professore John Keating – Jessica T.
B
BAMBINO GEOPOLITICO GUARDA LA NASCITA DELL’UOMO NUOVO – Salvador Dalì
-Jessica T.
LA BANALITÀ DEL MALE – HANNAH ARENDT (1963)
Considero ognuno dei testi di Arendt un vero tesoro di stimoli umani e intellettuali. Anche se il libro forse più incisivo dell’analisi politica della filosofa resta Le origini del totalitarismo (1958), in La banalità del male emerge nel modo più inquietante la profondità delle tenebre che l’essere umano può arrivare a toccare: non si tratta tanto della capacità di fare del male al proprio simile, ma della possibilità di compiere il male senza capire che è male, inserendolo nella banalità, appunto, nell’abitudine, nella quotidianità, di fatto rendendo l’individuo incapace di coglierlo, di capirlo e, quindi, di rifiutarlo. Il nazismo è riuscito a svuotare gli animi della loro facoltà più peculiare, quella del giudizio. Il libro, che ripercorre le fasi del processo ad Adolf Eichmann, mette in luce gli aspetti umani del dramma anche per quei carnefici, che svuotati della propria umanità, sono divenuti parte di un ingranaggio infernale in grado di disperdere ogni colpa. Eichmann: un uomo comune, non un cattivo per volontà propria, un uomo che pure possiede una propria “morale” (definisce ignobile un libro come Lolita di Nabokov), ci obbliga brutalmente a constatare quanto quella linea che separa il bene dal male sia sottile e sfumata e come ognuno di noi possa varcarla senza rendersene pienamente conto. – Beatrice C.
Mentre rileggo i titoli che ho scelto oggi, mi accorgo che sono titoli dominati da tre elementi: 1) ognuno contiene in sè qualcosa che mi tocca da sempre profondamente e che mi commuove fino alle lacrime; 2) forse l’ elemento di commozione maggiore è dato dalla storia che sono i piccoli, gli indifesi, i pazzi, gli umili che salvano il mondo, che è qualcosa in cui io credo profondamente e che ha segnato anche il destino della mia professione; 3) amo le parole, la poesia, il pensiero che si fa scarno e autentico e che solo così è capace di scavare dentro di noi in profondità permettendo di fare emergere e brillare la bellezza che possediamo, che possiede ciascuna persona sulla terra accanto alle sue tenebre. Paola Z.
C
CANZONE DELL’APPARTENENZA – GIORGIO GABER
L’appartenenza
non è lo sforzo di un civile stare insieme
l’appartenenza è avere gli altri dentro di sé.
È quel vigore che si sente se fai parte di qualcosa
Uomini
uomini del mio presente
non mi consola l’abitudine
a questa mia forzata solitudine
io non pretendo il mondo intero
vorrei soltanto un luogo un posto più sincero
dove magari un giorno molto presto
io finalmente possa dire: questo è il mio posto
dove rinasca non so come e quando
il senso di uno sforzo collettivo per ritrovare il mondo.
Sarei certo di cambiare la mia vita se potessi cominciare a dire noi. Angelo E.
LE CITTA’ INVISIBILI » – ITALO CALVINO (1972)
In particolare Berenice:
«Anziché dirti di Berenice, città ingiusta, […] dovrei parlarti della Berenice nascosta, la città dei giusti […] […] nel seme della città dei giusti sta nascosta a sua volta una semenza maligna; la certezza e l’orgoglio di essere nel giusto […] fermentano in rancori rivalità ripicchi, e il naturale desiderio di rivalsa sugli ingiusti si tinge della smania di essere al loro posto»
E infine il dialogo finale tra Marco Polo e il Gran Kan:
«Chiese a Marco Kublai: – Tu che esplori intorno e vedi i segni, saprai dirmi verso quale di questi futuri ci spingono i venti propizi. […] – […] Alle volte mi basta uno scorcio che si apre nel bel mezzo di un paesaggio incongruo, un affiorare di luci nella nebbia, il dialogo di due passanti che s’incontrano nel viavai, per pensare che partendo di lì metterò assieme pezzo a pezzo la città perfetta, fatta di frammenti mescolati col resto, d’istanti separati da intervalli, di segnali che uno manda e non sa chi li raccoglie […]
[…] il Gran Kan […] Dice: – Tutto è inutile, se l’ultimo approdo non può essere che la città infernale […] E Polo: – L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.» – Rosalba G.
D
DIVAN – HĀFEZ
“Sono un filo di perle, poeta, i tuoi versi. Rallegraci dunque cantando,/ché sul tuo canto oggi certo monile di Pleiadi splende”.
Tra le sabbie della Persia un mistico del XIV secolo, di nome Din Mohammad Shirazi, compose una delle più celebri opere poetiche del mondo musulmano, al punto da guadagnarsi il nome di Hāfez, «colui che conosce a memoria il Corano» e un posto nella biblioteca di ogni iraniano d’oggi poiché si dice che due libri non possono mancare in ogni casa: il suo Canzoniere e il Corano. Parla di amore la sua opera, in una continua altalena tra un suo aspetto profano (colmo di una fortissima tensione omoerotica) ed uno divino: abissi lontani ma che più d’una volta coincidono, abbattendo le barriere tra mondo profano e mondo divino. Siano i riccioli d’un turco a Shiraz o l’ebrezza del vino, in Hāfez ogni esperienza è un ponte che rimanda a messaggi più lontani e a riflessioni più profonde che non hanno potuto fare a meno di estasiarmi e sconvolgermi. Francesco C.
DAL MONDO DEL PRESSAPPOCO ALL’UNIVERSO DELLA PRECISIONE – KOYRÉ A.
Questo per la voglia di scoprire idee nuove. – Valeria B.
DE PROFUNDIS – OSCAR WILDE
– Tiziana Z.