M
MEDEA – EURIPIDE
Una donna infatuata che consacra se stessa all’amore fino a tradire la propria famiglia e la propria terra, un uomo che la abbandona, il dolore, la solitudine, la vendetta. Il parossismo di una disperata razionalità porta questa donna, ma sarebbe meglio dire strega (se non addirittura Dea!) all’elaborazione di un piano dissacrante ma perfetto, terribile ma inevitabile. Trovando in sé la forza Medea lancia, per tutti i disconosciuti della storia, un grido di autodeterminazione che attraversa le epoche e imprime nella mente un messaggio: “sii te stesso!”. Il coro che accompagna la truce vicenda dagli albori all’epilogo ci ricorda la nostra coscienza che, malgrado censuri la violenza della vendetta in atto, ci fa sentire vicini al suo dolore. Francesco C.
MEDEA – P.P. PASOLINI
Per chi è donna, per chi è straniero, per chi non è compreso e non comprende le leggi del patriarcato d’occidente, per l’ALTRO che ognuno è. Diego B.
METROPOLIS – FRIZ LANG (1927)
Lang ambienta il film in una metropoli del futuro (2026) in cui si sono accentuate le differenze di classe, negli sfavillanti grattacieli di Metropolis, negli splendidi giardini alla sommità dei palazzi vivono i ricchi, gli industriali, i manager; nel sottosuolo gli operai… – Rosalba G.
N
NOTRE-DAME DE PARIS
Una Parigi silente ma viva, fatta di tetti e di guglie, di torri e di cattedrali, di doccioni, piazze e sentieri; un giovane poeta che piange la propria miseria in un mondo che non considera che vive d’intelletto; un diacono alla ricerca di alchemici segreti scosso da un’inconfessabile passione; una zingara pura come la neve innamorata di un bello che l’ha usata; un gobbo, infine, il diverso che la società rigetta, che osserva con dedizione le più disparate vicende dall’alto di Notre-Dame. Questi gli ingredienti di una storia che non si svolge a Parigi, ma la attraversa, al cospetto dei monumenti di un passato immutabile scolpito da grandi uomini che vissero forse le stesse nostre storie. Francesco C.
O
ON THE ROAD – JACK KEROUAC
“A quel tempo danzavano per le strade come pazzi e io li seguivo a fatica come ho fatto tutta la vita con le persone che mi interessano, perché le uniche persone che esistono per me sono i pazzi, i pazzi di voglia di vivere, di parole, di salvezza, i pazzi del tutto e subito, quelli che non sbadigliano mai e non dicono mai banalità ma bruciano, bruciano, bruciano come favolosi fuochi d’artificio gialli che esplodono simili a ragni sopra le stelle e nel mezzo si vede scoppiare la luce azzurra e tutti fanno “Oooooh!” – Daniela R.
Per la gioventù, per il sangue che bolle, per la voglia di viaggiare e di perdersi.. per così ritrovarsi. Diego B.
P
PARC GÜELL – Antoni Gaudì (Parco)
Il progetto fu quello di creare una città-giardino destinata non solo a creare uno spazio comune e ricreativo ma a cambiare la concezione della vita nei centri abitati,integrando abitazioni artificiali con la natura e la vegetazione tipica del territorio. – Jessica T.
La peste – Albert Camus
La peste è una metafora. Persecuzione infame di regni microbici nascosti, sottile ed onnipresente, velo terribilmente sospeso nel suo ruolo appuntito di spada di Damocle, e di torpore acceso nel sangue che ribolle di febbre civile. La peste è il volto traslucido delle mille sopraffazioni del quotidiano, una narrazione che ha pretesa di cronaca, distillata goccia dopo goccia e ricostruita a tratti, che evolve tra le vite dei medici, degli abitanti, dei giudici, del personale amministrativo e degli innamorati, tutti stretti sotto un cielo di malsana oppressione. Come una prosecuzione necessaria e letterale della volontà di narrazione con altri mezzi, che continua ostinatamente a scavare nelle parole per sviscerarne tutte le declinazioni di senso, anche le più mute, la voce di Camus prende forma e colore, per insinuarsi, come un insano rivolo di dubbio, nelle esistenze tormentate e incerte, dell’intero genere umano. – Daniela R.
Le petit prince – De Saint-Exupéry Antoine
…perchè tutti abbiamo un amico perduto… – Valeria B.
Per il bambino o la bambina che siamo stati. Diego B.
Poesie – Emily Dickinson
J875 (1864) / F926 (1865)
Di asse in asse avanzavo,
così lenta prudente sentivo le stelle sul capo
e sotto i piedi il mare.
Questo solo sapevo:
un altro passo poteva essere l’ultimo
e ciò mi dava quell’andatura incerta
che alcuni chiamano Esperienza.
J372 (1863-1862) / F574
Conosco delle vite di cui potrei fare a meno
senza dolore alcuno –
altre – un cui istante d’assenza –
sarebbe un eternità –
Queste ultime – scarse di numero –
Non sono nemmeno due
Le prime – un orizzonte di moscerini
facilmente supererebbero
J695 (1863) / F720
Come se il mare separandosi
Svelasse un altro mare,
Questo un altro, ed i tre
Solo il presagio fossero
D’un infinito di mari
Non visitati da riva –
Il mare stesso al mare fosse riva –
Questo è l’eternità
-Tiziana Z
Poesie d’amore – Nazim Ikmet
Lettere dal carcere a Munnevvér
1942
Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.
Tiziana Z.